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Sergio Camporesi
Teatro Minimo
Il depliant della serata con il programma della stagione teatrale 1965
Sergio Camporesi a fine rappresentazione con gli attori, da sinistra, Maria Mazzetti Lolli e Giuliano Missirini; alla sua destra Eros Orlandini Saviotti.
Una scena de Il cappello necessario. Sono riconoscibili, da sinistra, Piero Ceccarelli, Giovanni Lolli, Ilario Zanetti, Vittorio Mezzomonaco.
Ilario Zanetti e Marilena in una scena di un testo di Pirandello. I disegni di scena sono di Sergio Camporesi.
Vignetta satirica di Guido Clericetti sul Teatro Minimo apparsa nella rivista Il termometro nel maggio 1964
Un primo abbozzo di logo del Teatro minimo realizzato da Franca Madonia su modello di una fibbia patriottica della rivoluzione francese.
Il logo del Teatro Minimo effettivamente scelto con caratteri da timbro industriale ad imitazione di quello del Théatre National Populaire di Parigi
Il logo dello storico Théatre National Populaire di Parigi
Franca Madonia in una foto di Sergio Camporesi nella sua casa di Bologna nel 1978
APPUNTI SUL TEATRO MINIMO (1961-1966)
Sunday, March 29, 2020

Tra Brecht e Antonioni


“Forlì deve a Franca Madonia sei anni di risposte positive a un’esigenza di teatro che le vecchie filodrammatiche non erano in grado di soddisfare per varie carenze, e di formazione, e di impostazione, mentre l’ARCI non sapeva uscire che timidamente dalle sue Case del Popolo, e l’Amministrazione Comunale cercava a tentoni una alternativa alle stagioni di Cesena.” Così Giuliano Missirini a metà degli anni ’80 sintetizza la stagione del Teatro Minimo dal 1961 al 1966, con sede prima in via Francesco Nullo, poi, dal 1963, in piazza Morgagni nell’ex chiesa del Palazzo della Missione (chiamata Saletta della Provincia) sede di Istituti scolastici superiori e di proprietà dell’Amministrazione provinciale di Forlì.  Sartre, Eliot, Pirandello, Brecht, Beckett, Tardieu, Ionesco sono gli autori che vengono portati per la prima volta nella città.  Alcuni titoli come “Le serve” e “Finale di partita” erano state appena tradotte in Italia proprio da Franca Madonia, che è l’anima di questa esperienza culturale.  Franca è, infatti, una importante traduttrice dal francese di opere filosofiche (Maurice MerlauPonty, Claude Levi-Strauss, Gerard Genette, Philippe Sollers, Alexis De Tocqueville e Louis Althusser)e di letteratura (Jacques Prevert,Pierre Klossowki, Jean Genet, Samuel Beckett).  Proprio Althusser tenne nel 1964 una conferenza dal titolo “Perché il teatro”, con una impostazione teorica strutturalista,da cui scaturì un dibattito molto acceso sul rapporto fra cultura e politica.Del resto “Vita di Galileo” di Brecht suscitò riserve e pesanti attacchi dagli ambienti ecclesiastici forlivesi. Nella rivista studentesca cattolica “Il termometro”, del maggio 1964, c’è un lungo articolo redazionale contro la rappresentazione del Galileo e la politica culturale del Teatro Minimo, corredata da una vignetta satirica del disegnatore Guido Clericetti che fa coincidere la sede del Teatro Minimo con il Cremlino, la sede del potere sovietico.

La piccola compagnia teatrale ebbe una certa notorietà fuori dall’ambito provinciale. Attirò l’attenzione di Michelangelo Antonioni, che stava per girare a Ravenna il suo primo film a colori terminato nel 1964, “Il deserto rosso”. Flavio Nicolini, suo aiuto regista, nel 1963 venne a vedere a Forlì le prove alla Saletta della Provincia. Risultato: Giovanni Lolli, Mino Madonia e Giuliano Missirini interpretarono ruoli (il sindacalista, il tecnico, il radio telescope operator) per la pellicola di Antonioni. Alcune scene importanti erano state girate da Franca Madonia (nel ruolo di una donna pazza), ma nel montaggio finale furono, inaspettatamente, tagliate, sembra per volontà di Monica Vitti.La protagonista non gradiva, si ipotizzò allora, la presenza di altri ruoli femminili importanti. Anche il quotidiano “Il Giorno” di Italo Pietra mandò a Forlì una giovanissima Natalia Aspesi per un reportage giornalistico sulle novità culturali della provincia, e la parte del leone la fece proprio il Teatro Minimo.
La compagnia teatrale cessò definitivamente la sua attività nel 1966 con la rappresentazione di uno spettacolo musicale originale dal titolo “Resistenza, ciao”. I testi dello spettacolo furono scritti da Tedo Madonia (ex partigiano e primario ospedaliero a Catania), sua moglie Lulli (cantante e coauttrice con Ignazio Buttitta e Ciccio Busacca di musica popolare siciliana), da Ivos Margoni (famoso francesista e professore universitario alla Sorbona e in diverse sedi italiane), da Fernanda Missiroli (ex staffetta partigiana e studiosa di filosofia) e dallo scrittore inglese Brian Richards. Le scene furono curate da Mino e Franca. La serata fece scandalo per l’anticonformismo con cui si parlava della Resistenza, tanto da risultare poco gradita anche dai vertici del PCI forlivese.

Sul Teatro Minimo è poi calato un incomprensibile oblio. Si trova traccia della storia del Teatro Minimo nell’articolo di Giuliano Missirini “Confesso: si giocava sul serio” (in un opuscolo a cura della Commissione del PCI di Forlì, “Il teatro non è un’utopia”, s.d.); nella Presentazione di Francois Matheron e Yann Moulier Boutang al volume “Louis Althusser- Lettres a Franca (1961-1973)”, Stock/Imec, Paris, 1998; nel libro di Warren Montag, “Louis Althusser”, London, Palgrave, 2003.

Dal testo di Missirini è possibile trarre un elenco, non completo, degli attori: Giovanni Lolli, Maria Mazzetti, Fanny Monti, Vittorio Mezzomonaco, Ilario Zanetti, Piero Ceccarelli, Alberto Casamurata, Manuela Ragazzini, Anna Maria Faggiotto, Giorgio Valpondi e Giorgio Mattioli,  e anche Giovanna Madonia bambina. Occasionalmente ebbe dei compiti negli allestimenti e nei costumi Giulio Contarini, originario di Lugo, che da piccolo e raffinato tappezziere di provincia divenne prima segretario del gallerista parigino Claude Bernard, poi animatore delle serate mondane a Panarea e amico intimo del pittore Francis Bacon.

“E la Diana suonò …” in scena al “Teatro Minimo”  nell’aprile del 1965

“Cominciato alle 22,30 finito alle 3e ¼. Non lo rileggo perché ho sonno”. Così è scritto a penna nel dattiloscritto da consegnare a Franca Madonia. Testo nato da una scommessa pomeridiana fra Sergio Camporesi e Franca Madonia a proposito di alcune pièce teatrali di Jean Tardieu e del teatro dell’assurdo. L’indomani mattina Sergio le avrebbe consegnato un testo originale sulla falsariga del drammaturgo francese. Franca apportò qualche correzione e poco tempo dopo andò in scena nella Saletta della Provincia, aprendo la stagione teatrale del Teatro Minimo del 1965, il 9-10-11 aprile, con gli attori: Alberto Casamurata, Piero Ceccarelli, Giovanni Lolli, Maria Lolli, Giorgio Mattioli, Vittorio Mezzomonaco, Giuliano Missirini, Eros Orlandini, Ilario Zanetti. L’allestimento era curato da Franca Madonia e Giovanni Lolli.

Probabilmente anche la conferenza dibattito di Louis Althusser “Perché il teatro” avvenuta l’anno precedente è implicata nella rappresentazione: entrambe mettono a fuoco il problema della funzione del teatro. Ne “E la Diana suonò…” compare all’inizio un conferenziere che fa il punto sull’attività dello stesso Teatro Minimo eil  pedante eloquio professorale avvia una deriva comica e assurda, che si conclude con il dramma di un personaggio che muore perché privo del cappello necessario (l’ideologia opportuna). Althusser conosceva e stimava Sergio come pittore, ma considerava le sue idee politiche(si discuteva molto di politica nel cerchio delle amicizie di Franca) un po’ anarchiche.

Il Resto del Carlino pubblicò una recensione l’11 aprile 1965, a cura di r.t., non proprio lusinghiera, che accusava l’autore di aver presentato uno spettacolo troppo breve, a cui la compagnia avrebbe dovuto aggiungere, per correttezza nei confronti del pubblico pagante, anche un pezzo teatrale “serio” tratto dal repertorio classico. Questa era la cornice culturale forlivese del tempo.

Questo pezzo teatrale non è l’unico scritto da Sergio Camporesi, esiste anche un dattiloscritto di un testo teatrale, sempre dei primi anni ’60, dal titolo “Fate come tutti- (tragedia moderna in un atto)”. Tra i suoi documenti del periodo di prigionia in Egitto (1943-1945) ci sono quattro quaderni di racconti e brevi lavori teatrali. Per il Teatro Minimo, inoltre, dipinse i fondali delle scene e una statua mitologica di gommapiuma (modellata con un rasoio) per A porte chiuse di J. P. Sartre, e per Vita di Galileo di Berthold Brecht. Si aggiunga che è facilmente rintracciabile nei suoi quadri di interni, e fra questi particolarmente nella rappresentazione del suo atelier di pittore, un taglio teatrale, “come se finalmente i protagonisti della messa in scena potessero animarsi e vibrare al carillon di un sentimento” (Stelio Martini).
(F.C.)

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